lunedì 16 novembre 2015

Lettera di Isobel - Attentato Parigi, Bataclan - 13 novembre 2015

“Non penseresti mai possa succedere a te.
Era un semplice venerdì sera ad un concerto rock. L’atmosfera era così serena, e tutti erano intenti a ballare e divertirsi. Quando quell’uomo è arrivato all’ingresso e ha cominciato a sparare, tutti abbiamo pensato facesse semplicemente parte dello spettacolo. Ma non era un attacco terroristico: è stato un massacro.
Dozzine di persone sono state colpite davanti ai miei occhi. Il pavimento pieno di pozze di sangue. I pianti di uomini adulti che stringevano i corpi morti delle proprie fidanzate hanno cominciato a riempire il locale. Futuri demoliti, famiglie distrutte, in un istante.
Sola e sconvolta, ho finto di essere morta per più di un’ora, sdraiata tra chi era costretto a guardare i propri amati inerti. Trattenevo il respiro, provavo a non piangere per non nutrire quegli uomini con la paura di cui erano alla disperata ricerca. Sono stata estremamente fortunata ad uscirne viva, ma molti altri no.
Persone innocenti che erano lì per i miei stessi motivi: passare un venerdì sera sereno ascoltando musica. Questo mondo è crudele.
Atti come questo non fanno altro che sottolineare la depravazione degli esseri umani, e le immagini di quegli uomini che volteggiavano su di noi come avvoltoi mi daranno tormento per il resto della mia vita. Il modo in cui prendevano meticolosamente la mira prima di sparare tutti coloro che erano all’esterno della pista senza alcuna considerazione. Non sembrava vero. Aspettavo che qualcuno finalmente mi dicesse che si trattava soltanto di un incubo. Ma essere sopravvissuta a questo orrore mi ha dato la possibilità di accendere i riflettori sui veri eroi.
All’uomo che mi ha rassicurato e messo a repentaglio la sua vita pur di proteggermi e coprirmi la testa; alla coppia le cui ultime parole d’amore mi hanno fatto riflettere su quello che ancora c’è di buono a questo mondo; alla polizia che è riuscita a salvare centinaia di vite; al perfetto sconosciuto che si è avvicinato a me in strada e mi ha confortato per tutti i 45 minuti in cui ho pensato che l’amore della mia vita fosse morto; all’uomo ferito che ho scambiato per lui, e che dopo essermi accorta della svista mi ha stretta e confortata, nonostante fosse il primo ad essere solo e spaventato; alla donna che ha aperto la porta di casa sua ai sopravvissuti; all’amico che mi ha offerto rifugio e si è preoccupato di andare a comprare dei nuovi vestiti così che non dovessi più indossare questo top sporco di sangue; a tutti voi che vi siete preoccupati di inviarmi messaggi di supporto.
Tutto questo mi fa pensare che ci sia del potenziale affinché questo mondo diventi migliore. Che tutto questo non debba succedere mai più. Ma per lo più questo messaggio è per quelle 80 persone che non sono state così fortunate, e che oggi non hanno avuto la possibilità di svegliarsi.. e per tutto il dolore che i loro amici e le loro famiglie dovranno affrontare. Mi dispiace. Non c’è niente che possa attenuare il dolore. Mi sento privilegiata ad essere stata lì per il loro ultimo respiro. E avendo davvero creduto che avrei fatto la stessa fine, posso assicurarvi che il loro ultimo pensiero non era rivolto alle bestie che hanno causato tutto questo, bensì a tutte le persone che hanno amato col cuore.

Mentre ero sdraiata in mezzo al sangue di sconosciuti, aspettando quel proiettile che avrebbe segnato la fine dei miei miseri 22 anni, non ho fatto altro che visualizzare il volto di tutti coloro che amo, sussurrandogli “Ti voglio bene”. Ancora, e ancora una volta. Riflettevo sui momenti più belli della mia vita. Desideravo che le persone che amo sapessero quanto, e mi auguravo che nonostante tutto avrebbero continuato a credere nel bene. Per non lasciar vincere quelle bestie.
La notte scorsa, la vita di molte persone è cambiata per sempre… e tocca a noi essere migliori. Tocca a noi vivere le vite che le povere vittime di questa strage hanno desiderato, ma che non saranno mai in grado di realizzare. Riposate in pace, angeli. Non sarete mai dimenticati.”
[Isobel Bowdery]

martedì 3 novembre 2015

Il nostro volto

Passiamo la vita a cercare la verità, finché cominciamo a capire che non dobbiamo inseguirla ma piuttosto lasciarci raggiungere e possedere da Lei, perché ci desidera da sempre. Gli aztechi ritenevano che ogni essere umano nascesse senza volto e che ognuno dovesse formarlo man mano, crescendo. Ma questo è possibile solo attraverso la verità.
Se mentiamo, non abbiamo una faccia con cui presentarci agli altri. Il nostro volto dobbiamo conquistarcelo con l'impegno e la sincerità, verso gli altri e verso noi stessi. A volte una malattia, un dolore, un'umiliazione, un imprevisto nella nostra vita ci costringono a fermarci. Questo aiuta a farci raggiungere dalla Verità. E se ci apriamo a Lei, accogliendola con amore, lasceremo libera la sua mano di aggiungere un'altra pennellata al nostro volto divino...

lunedì 12 ottobre 2015

Preghiera per il sinodo della famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe, 
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.
Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.
Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.
Santa Famiglia di Nazareth,
il Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.
Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.

venerdì 2 ottobre 2015

L'eremita e gli animali

C'era una volta un eremita, tutto dedito, come ogni eremita, alla preghiera e alla penitenza, nella solitudine e nel silenzio. Ma si lamentava spesso che aveva troppe cose da fare. Finché un uomo gli domandò dove fosse tutto questo lavoro in una vita regolare ed essenziale come la sua. Rispose: "Ho da addomesticare due falchi, addestrare due aquile, mantenere fermi due conigli, vigilare su un serpente, caricare un asino e dominare un leone".

L'uomo gli chiese: "Ma dove sono tutti questi animali? Qui intorno non ne vedo!". Rispose il monaco: "Questi animali vivono dentro ciascuno di noi. I due falchi si agitano dentro di me, pronti a ghermire tutto quello che si presenta loro, buono o cattivo. Devo addomesticarli perché si scaglino solo sulle giuste prede. Sono i miei occhi. Le due aquile feriscono e straziano con i loro artigli. Devo addestrarle perché imparino a servire e aiutare senza ferire. Sono le mie mani. I conigli vogliono andare dappertutto, fuggire dagli altri ed evitare le cose difficili. Devo insegnare loro a stare fermi anche quando devono affrontare una sofferenza, un problema o quello che non piace. Sono i miei piedi. La cosa più difficile è vigilare sul serpente, anche se è racchiuso in una gabbia con 32 sbarre. Sempre pronto a mordere e avvelenare chi sta intorno appena si apre la gabbia. Se non presto tanta attenzione, causa danni. È la mia lingua. L'asino è molto ostinato, non vuole compiere il suo dovere. Sostiene di essere stanco e non vuole portare il suo carico ogni giorno. È il mio corpo. E devo dominare il leone: crede di essere il re, vuole essere sempre il primo, è vanitoso e orgoglioso. È il mio cuore.




martedì 29 settembre 2015

Lavoro e arte


Chi usa le mani è un lavoratore.
Chi usa mani e mente è un artigiano.
Chi usa mani, mente e cuore è un artista.

(attribuito a san Francesco)

venerdì 18 settembre 2015

I colori della pace

Non so se questa poesia provenga, come riportato in internet, dal cuore di Tali Sorek, bambina dodicenne israeliana, che la scrisse in occasione della guerra del Kippur tra arabi e israeliani del 1973. So solo che la forza contenuta in questi pochi versi fa più rumore di una bomba, perché la pace ha in sé una forza dirompente.

Avevo una scatola di colori, brillanti, decisi e vivaci.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per il volto dei morti, non avevo il giallo per le sabbie ardenti.
Ma avevo l'arancio per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari cieli splendenti,
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta,
e ho dipinto la pace.



mercoledì 16 settembre 2015

La strada interrotta

La strada non è quella che porta a casa. Porta lontano. In direzione opposta. Tutta la vita di prima è rimasta dietro una fila interminabile di piedi in marcia, piedi che hanno calpestato stive arrugginite e soffocanti, stipate di corpi umani accatastati come merce di scarto. Piedi che hanno attraversato mari in burrasca, approdando in terre troppo spesso inospitali. La guerra, il terrorismo, la fame, la ricerca di una vita degna di un essere umano, sono ragioni che per alcuni non bastano a giustificare una fuga precipitosa. Non sono sufficienti per invadere le terre altrui. Ho davanti agli occhi le immagini di questa marcia triste, tanto triste da spezzare il cuore. Una giovane mamma cammina tenendo per mano i suoi due bambini, anche loro con un fagottino sulle spalle. Due paia di piccoli piedi che percorrono a fatica strade sconosciute e ostili. Vedo lo sguardo della bimba, non avrà che sette-otto anni, scorrere lento sul filo spinato che delimita il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Tra chi ha ancora il diritto di vivere e chi non ce l’ha più. I suoi occhi cercano lungo il cammino una risposta. Qualcuno può dargliela?